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La creatività delle donne aumenta con l’età

“Basta coi pregiudizi sull’età. La capacità di partorire idee e progetti nuovi (nell’arte e nella scienza, ma anche nella vita quotidiana) non arriva all’improvviso, è frutto di fatica e di esperienza” dice la filosofa Francesca Rigotti, che interverrà a Pistoia al festival di antropologia. E spiega come sono nati i preconcetti. Risalendo su su fino a Platone e arrivando a Camilla Läckberg, che ha scritto l’ultimo bestseller mentre allattava la quarta figlia…

Perché diciamo “la paternità di un’idea” e non “la maternità di un’idea”? Dopo un po’ che se ne parla con la filosofa Francesca Rigotti (autrice del De Senectute per Einaudi, docente all’Università della Svizzera italiana, dopo Zurigo e Gottingen), appare chiaro che tutto è appeso al filo di questa domanda. Perché da qui bisogna partire per spingersi nella landa, poco frequentata e forse inquietante, delle signore in là con gli anni e della loro capacità inventiva.

“Donna anziana” ha un alone respingente in sé.
Il pregiudizio si è solidificato nel corso dei secoli. Pensiamo solo al cinquecentesco componimento poetico del Vituperium in vetulam, invettiva contro la vecchia, appunto. Alla base, la convinzione che non essendo più fertile, non avendo più la valvola del suo ciclo, la donna si tenga dentro gli umori cattivi e diventi inevitabilmente acida, strega, suocera. Tra maschi e femmine non è diversa la vecchiaia in sé, ma il modo in cui ci è stata proiettata addosso. E proprio in virtù del fatto che a una certa età non siamo più procreative.

Facciamo un passo indietro: che cosa s’intende per creatività?
Oggi è una prerogativa attribuita specialmente a pubblicitari e designer. In realtà è un processo molto più esteso: la creazione riguarda non solo l’arte, la scienza o la filosofia, ma anche la vita quotidiana. E per farlo servono due elementi. Innanzitutto la fatica: l’idea nuova non è un bel venticello che ti sfiora all’improvviso. Lo confermano tutti gli studi sulle scoperte matematiche. È la punta ma sotto ci deve essere l’iceberg. Lo scienziato Jules-Henri Poincaré ha raccontato che la soluzione di un problema complesso gli venne mentre poggiava il piede sul predellino di un omnibus nella Parigi degli anni Venti: ma grazie al lavorio incessante del periodo precedente. Il secondo elemento è un principio della mente, il pensiero analogico: il nuovo nasce in analogia col vecchio, per somiglianza. Come, facendo un esempio non mio, la carrozza ferroviaria deriva da quella a cavalli.

Per tornare alle donne anziane…
Il linguaggio della creatività, da Platone in poi, si è formato per analogia su quello della maternità: si dice “partorire un concetto”, “mettere al mondo un’idea”, magari “dopo una lunga gestazione”. Ma attenzione, espropriando le donne, confinandole alla pro-creazione: c’è sempre “la paternità di un’idea”, mai la maternità. L’idea può essere partorita “con travaglio”, la famosa fatica, esclusivamente dalla mente maschile. Socrate, attraverso Platone che ne scrive I Dialoghi, evoca la figura di sua madre che era una levatrice con una similitudine: come lei aiutava le giovani a mettere al mondo i figli, così io aiuto i giovani a mettere al mondo le idee.

Un giudizio che ha pesato sulle donne anche come un limite autoimposto?
Nella prefazione al suo ultimo giallo, La strega, la svedese Camilla Läckberg racconta che l’ha scritto dopo il parto della sua quarta figlia: la quarta! E mica un librino: 700 pagine! Una puerpera creativa oltre che una femmina procreativa. Mentre il mito che tutte abbiamo assorbito recita: nel primo anno di vita di un bambino, poppate, pannolini e strani ormoni impediscono di pensare! Le donne partoriscono idee e figli: è una doppia creatività. E mi fanno così paura certi trentenni senza prole ai vertici della politica: che ne sanno della responsabilità verso gli altri?

La procreazione è a tempo, la creazione no. Anche per questo un anziano gioca una partita diversa da una coetanea sul piano della desiderabilità?
Nella percezione comune l’uomo può diventare addirittura più autorevole e affascinante. La tivù è piena di opinionisti: uomini creativamente capaci di elaborare un pensiero. Le donne presenti sono perlopiù giornaliste: fanno domande ai maschi. Oppure politiche: esprimono il parere del partito, non il proprio. Al di là del credo politico, Angela Merkel bisognerebbe tenerla al potere come modello per le bambine.

Anche senza essere la Merkel come si può allenare la propria vena creativa?
Coltivando progetti. Nel senso latino del termine: pro-jacere, gettare avanti. Anche nelle cose semplici della vita quotidiana. Anziché scavare nel pozzo del passato, come diceva Norberto Bobbio che aveva una visione molto malinconica della vita. Perché poi la terra, a qualunque età, va buttata fuori. Nel nostro futuro.

 

 

 

Fonte articolo: iodonna.it

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