Cos’hanno in comune i tergicristalli, il bianchetto e la sega circolare? Sono invenzioni di donne. È stata l’allevatrice e viticoltrice Mary Anderson, nel 1905, a porre un rimedio al fatto che gli automobilisti, quando pioveva, si sbracciassero per togliere l’acqua dal vetro, talvolta senza neppure fermare la vettura. Ed è stata Sarah «Tabitha» Babbitt a immaginare e realizzare la prima sega circolare, utilizzata in una segheria nel 1813 (inventò anche il tagliaunghie con Eli Whitney, ma non brevettò né l’uno né l’altra). L’intuizione che ha risparmiato la vita di decine di alberi, permettendo di correggere l’errore su un foglio con un colpo di bianco, fu di Bette Nesmith Graham, nel 1951. Non è finita. Il Monopoly, in principio attribuito all’ingegnere disoccupato Charles B. Darrow, non era che l’evoluzione di «The Landlord Games», un gioco da tavolo creato nel 1903 da Elizabeth Magie Phillips. Ed è all’imprenditrice umbra Luisa Spagnoli che si deve il miracoloso concentrato di cioccolato e nocciole del Bacio Perugina.
L’elenco delle dieci invenzioni di donne che ci hanno cambiato la vita è dell’agenzia «Found! Story Engagement Factory», che ha incrociato cento testate, magazine, blog nazionali e internazionali per scoprire quanto genio femminile ci sia dietro cose che diamo per scontate. Non potevano mancare Mary Quant, con la minigonna (correva l’anno 1962), e l’attivista e scrittrice Caresse Crosby, per il reggiseno (1914).
«Una delle nostre peculiarità è la capacità di uscire dagli schemi e di usare il pensiero laterale, creativo: non affrontiamo i problemi in maniera sequenziale come gli uomini», spiega la consulente aziendale Luciana d’Ambrosio Marri, che nel libro Yes We Stem!, curato assieme a Flavia Marzano e a Emma Pietrafesa, si è occupata di donne e innovazione. Già nel 2013 la commissaria europea per la ricerca, Máire Geoghegan-Quinn, denunciava che «nonostante alcuni progressi negli ultimi anni, le donne nel campo della ricerca rimangono una minoranza, come se una barriera invisibile impedisse loro di raggiungere posizioni di alto livello». Un circolo vizioso che secondo d’Ambrosio Marri si può disinnescare rendendo sempre più visibili gli esempi positivi: «Due su tutti: la direttrice del Cern Fabiola Gianotti e l’astronauta Samantha Cristoforetti».
Prima di loro, però, ci sono altre due pioniere di cui parlare. Santa subito Josephine Garis Cochrane, che nel 1886 inventò la prima lavastoviglie meccanica, l’elettrodomestico che ha salvato la vita di milioni di mamme lavoratrici in equilibrio precario tra casa e lavoro. Nella stessa causa di beatificazione andrebbe Marion Donovan, la casalinga che anticipò il pannolino usa e getta. «Le donne sono le principali fruitrici delle innovazioni, perché in generale migliorano la loro vita, soprattutto da quando hanno cominciato a lavorare anche fuori casa. Tutte le ricerche fatte sul tempo ci dicono che sono loro, e non gli uomini, a esserne in difetto», racconta il sociologo dei consumi Vanni Codeluppi.
Ultima (in disordine) è Ruth Handler, la «mamma» di Barbie, la «ragazza» che ha svolto più mestieri in assoluto nei suoi 59 anni di vita (portati benissimo). Un modello, a suo modo: per lei niente è mai stato impossibile.
Fonte articolo: 27esimaora.it